In una rubrica come questa la forza sta tutta nella responsività della community. Quindi: GRAZIE!, stiamo andando alla grande perché:
1) per il post della volta scorsa mi avete chiamato in 500mila per chiedermi se sono ancora malato, la cosa mi fa un piacere enorme e non preoccupatevi, starò benissimo fino al prossimo raro caso di Westnàil incrociato Dengue incrociato Ebola che coglie solamente i maschi della famiglia;
2) nell’ultimo mese ho tirato fuori il personaggio di Tommaso, mio nipote più grande ed è stato un successo, tipo dov’è che l’avevi tenuto nascosto finora. Allora da bravo showman cavalco l’onda e lo ripropongo.
Anzi, alle feste e alle ricorrenze mi ci siedo accanto, l’orecchio puntato e bloc notes. “Zio ma perché mi stai così attaccato?” “zitto e spara la battuta che devo lavorare.”
Siamo una community ormai, facce ride’.
Comunque eravamo in auto tornando da Brescia e ho pensato bene fosse venuto il momento per certe lezioni. Undici anni: è quasi pronto no?
E allora via: Tommaso, tra un po’ ti arriva il motorino (sguardo arcigno di mia sorella), impariamo i cartelli stradali.
«Ma io già li so.»
«See, dite tutti così. Che è quel cartello!?» urlo a tradimento indicandone uno a triangolo che sta già passando via.
Ma lui l’ha visto. «Attenzione al semaforo!»
«See vabbé» gli faccio con supponenza, «questo era facile. Quello?»
Il triangolo con due gobbe, che a noi adolescenti faceva sempre ridere perché si pensa alle ragazze.
Ma lui non ci casca, cunette dice, e penso: magari il fatto che non ride è perché c’è un problema.
«Quello blu?»
«Gli ottanta!»
«Gli ottanta-cosa? Gli anni?» e visto che tentenna finalmente sento crescere in me la responsabilità di educatore e aggiungo «obbligo, il blu sono segnali di obbligo.»
E poi arriva il cerchiolone rosso col sorpasso. «E quello?»
Silenzio. Non lo sa.
«Dai Tommaso, triangolo era attenzione. Blu era obbligo. Rosso? Se non è obbligo è…»
«Verità!»
See vabbè. Ci rivediamo a settembre.