C’è sempre ‘sta frase che ritorna: ma dal lockdown del 2020 abbiamo imparato qualcosa? Per quel che mi riguarda, ho imparato che il sabato mattina si può stare a letto.
Prima del lockdown il sabato era tutto un lavoro di organizzazione. Perché il weekend DOVEVA partire bene. E mentre mia moglie si svegliava alle nove e per me era un’eresia (“come fai a sprecare una giornata così?”), io cercavo di tirare in piedi tutte per andare al parco, in biblioteca, al mercato di Salò che guarda caso è sabato.
Poi arriva il lockdown e il cambio di paradigma. Non importa quanto ti sforzi, devi restare in casa. La cosa che non fai oggi, la fai domani.
Un sabato fai colazione e poi ti rimetti a letto, tanto che sarà mai. Leggi, dormicchi. E attenzione, non è male. Il sabato dopo ci riprovi, quello dopo ancora, ed ecco diventa regola. Ah il sabato, che-bel-piacere.
Così che poi tolgono il lockdown, ma la regoletta rimane. Se proprio, mi vesto con le prime cose che trovo ed esco a comprare brioches e giornale. Ma giusto per sapere che fuori fa un freddo cane e godermi il caldo al ritorno.
Il problema è che con la fine del lockdown Francesca è tornata in modalità operativa. Dorme fino alle nove, certo, ma dopo colazione DEVE fare qualcosa. Parco, biblioteca, mercato che guarda caso è sempre sabato.
Per rimanere a letto ricorro alle strategie più disparate. La più blanda: fingere di dormire. La più meschina: Francesca sei schiava del capitalismo occidentale / è questo che vuoi insegnare alle nostre figlie. Scene penose, concordo.
A volte punto sull’improvvisazione, come sabato scorso. Comincia con Caterina che vuole una mela.
«Mamma! Mi tagli una mela?»
«Sto uscendo. Chiedi al papà»
«Gliel’ho chiesto. Mi ha detto che non può, ha perso i pollici.»
Dannata figlia spiona.
Rumore di passi in avvicinamento. «Cos’hai detto a tua figlia?»
E va bene, ci ho provato. Accetto la sconfitta e mi alzo. Signore e signori, anche questo sabato mattina è finito.
Però il cruccio rimane: cos’è davvero necessario fare, il sabato mattina?