Ti coglie il malessere? Butta giù la giustifica. Antica pratica che risale agli anni migliori della nostra vita.
Mi son preso il tipico raffreddore stagionale (già guarito, tra l’altro). Che voi direte, embè? Sai la novità.
La cosa stranissima a ‘sto giro è che sono andato al lavoro che stavo bene, giuro, e durante la mattinata l’orribile morbo si è sviluppato e sbam, raffreddorino fulminante che mi ha reso socialmente molesto e impresentabile. Non c’erano segni, e poi la debacle. Sarà stato perché ho somatizzato l’uscita del mio Giallo Vitivinicolo.
Vabbè, comunque sia, facciamo che torno a casa.
Mi collego all’applicativo aziendale per inserire l’assenza di mezza giornata. Metto giù le ore che devo recuperare. E poi mi blocco sul campo “inserire la motivazione”.
Porca la miseria, realizzo, ma qui sto inserendo la giustifica. Come quando ero al liceo.
Che un mio compagno ne usava sempre di folcloristiche, aveva scritto “guasto meccanico” perché non era suonata la sveglia.
E adesso io cosa metto. Metti che scrivo una stupidata, poi la profe mi cazzia. Ma quale profe, porca la miseria, il mio capo.
Scrivo “malessere”, poi cancello. Perché no, dai, malessere è più una condizione dell’anima. E che è, Siddharta.
“Non sono stato bene”, che è più colloquiale. Poi cancello, sennò tutti pensano che avevo il cagotto.
Alla fine scrivo la parola che nella sua super fumosità ha sempre risolto tutto. Quella che riempiva regolarmente tutte le pagine dei miei registri delle assenze scolastiche. Quella che userò per le mie figlie quando sarò colto da dubbi atroci sulla motivazione.
“Indisposizione”. Là, che bella.
Ed è subito ritorno al passato.
Considerazioni:
a) in fin dei conti, al mio capo potrebbe non fregargliene niente di cosa ho scritto
b) forse “indisposizione” è esattamente la parola che tutti si dicono “eh sì, aveva il cagotto”
c) adesso vedrete che mi chiameranno dalle Risorse Umane: “vorremmo delucidazioni sulla sua indisposizione. Indisposizione a che? Al lavoro?”