Il problema con la gita scolastica

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Le gite scolastiche sono momenti bellissimi. Purché vengano presi gli opportuni accorgimenti.

Caterina è andata in gita. Momento attesissimo, sono tre mesi che non si parla d’altro.

E come dimenticare la prima gita! Rimane impressa nel cuore. Il pullman, il pranzo al sacco, le foto alle cose più inutili e il bambino che sta seduto davanti sennò vomita.

Io in quinta sono andato a Mantova, e ricordo una preparazione mentale pazzesca. Perché dovevo: 1) sedere sul pullman in fondo ma non troppo in fondo (perché non ero così all’altezza), 2) essere sociale ma non così sociale (per lo stesso motivo).

Insomma la virtù che stava nel mezzo, tutte le dinamiche scolastiche dell’intero anno finalmente sul banco di prova. Fare casino senza farne troppo, perché a nessuno piacciono i posers.

L’altra mattina finalmente è il momento. E vedo Francesca indaffarata in cucina. Si è preparata una lista. Ecco la lista:

n.2 tupperware panini formaggio

n.1 tupper di fragole

n.1 tupper con grana tagliato a tocchetti

n.1 sacchetto di popcorn

Ommioddio. «Francesca, cos’è QUELLO?!»

«È un pranzo al sacco bilanciato.»

«Ma il pranzo al sacco non deve essere bilanciato! È al sacco, nel senso di un tanto al sacco. I fondamentali, santocielo.»

«Quello che non mangia lo lascia lì.»

«Diamole tre panini nella stagnola e diecimila lire.»

«Ma figurati.»

«Francesca tu vuoi che nostra figlia, alla sua prima gita ufficiale, venga bollata come “quella dei tupper”. O peggio ancora bullizzata. Una che si siede davanti sul pullman senza avere il vomito. È QUESTO CHE VUOI?»

«Smettilaaaa.»

Considerazioni:

a) mia moglie sta crescendo una futura reietta. Quelle che vivono ai margini della società in un capanno degli attrezzi;

b) forse ho vissuto la dimensione “gita” con troppe aspettative e mi sono rovinato qualcosa;

c) Caterina è tornata con la fame, ma zero traumi. Forse i ragazzi di oggi sono davvero più inclusivi e costruiranno un mondo migliore, a ogni modo io non abbasso la guardia


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