Be’ siamo in uno dei tanti parchi giochi del Trentino, che qui ne trovi uno praticamente ogni idrante, e di idranti ce ne sono tanti, sarà che fanno tutto in legno e poi c’hanno paura.
Comunque arriva questa bambina al parco giochi e la Cate viene da me e Francesca, ci chiede: posso andare a conoscerla?
Boia, faccio io, e come no.
Che quando era piccola piccola io temevo che sarebbe cresciuta senza amici, e già invece alle elementari c’ha tutta la sua troupe e insomma le ho detto, va’ pure ci mancherebbe.
E allora si piazza a un lato dell’altalena, e alla nuova bambina fa: «ciao.»
«Ciao» risponde quella, che si accorge che nel frattempo la Luci si è posizionata raggiante dall’altra lato, così che adesso non può scappare e si chiederà che vogliono da me ‘sti due carabinieri.
«Io mi chiamo Caterina, e tu come ti chiami?»
So che suona finta, tirata fuori da un libro di Richard Scarry, ma giuro che l’ha detta così.
«Aurora.»
«IO LUCIAAA!» le grida in faccia l’altra.
E io mi guardo con mia moglie, ah ma guarda le dico, se solo noi adulti sapessimo rompere il ghiaccio così. Insomma imbastisco uno di quei discorsi retorici che mi stanco solo ad ascoltarmi. E poi penso, oh cielo no, ma se noi adulti rompessimo il ghiaccio così sarebbe orribile, meno male che poi si impara a tenere le distanze.
E poi sento Caterina che va avanti. «Che giorno sei nata?»
La bimba Aurora ha mangiato la foglia ma è troppo tardi, queste due vogliono qualcosa e teme proprio che l’avranno, perché sputa subito un “ventitrè-novembre”.
«Che lavoro fanno i tuoi genitori?»
Ommadonna che imbarazzo, le sta facendo l’indagine ISTAT, e intanto la Lucia dall’altra parte ad annuire e chiudere le vie di fuga.
Qualcuno salvi Aurora.
Facciamo che intervengo quando l’indagine si tramuterà in anamnesi pre-operatoria, quando mia figlia le chiederà se ha delle malattie autoimmuni, ma vanno bene anche le ereditarie.
Lì interverrò a gamba tesa.
Fino ad allora: Aurora, mi spiace per te.