Che dissing, papà!

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Oh, questa è veloce veloce e ha a che fare con mia figlia Lucia che ha imparato a fare i dissing.

Parola sconosciuta in casa Lauro per decenni, poi portata la prima volta da mio nipote Tommaso che ha cominciato dicendo, che dissing!, forse anche un po’ a sproposito. E adesso be’, sembra faccia parte del dizionario.

Insomma, in parole povere il dissing è quando due rapper se le dicono su. Battibeccano, per usare una parola che usava la mia maestra. Con sotto la musica rap p-ppt, pt-ppch, wikki-wikki.

E adesso c’è mia figlia Lucia che dice a Francesca, «mamma, tu quanti dissing conosci?»

Come se fosse un repertorio, tipo come si faceva con le barzellette, che ne avevi sempre una pronta per ogni occasione.

L’altro giorno stavo camminando con Lucia.

«Papà, dimmi: sono bassa.»

«Sono bassa.»

«No. Cioè, dillo a me, dillo a me che sono bassa.»

«Sei bassa.»

«Ah! E tu quando mi devi parlare ti devi inchinare! Che dissing.»

«Ma! E questa da dove…?»

«Papà, dimmi che sono un pagliaccio.»

«Sei… un pagliaccio?»

«Ah! Ti ho appena rubato il lavoro, perché il pagliaccio eri tu! Che dissing.»

Bon, finita lì. Lucia-papà 2-0, porta a casa.

Considerazioni:

a) quindi il buon caro, vecchio “non mi hai fatto niente / faccia di serpente” era in realtà un dissing, solo che non lo sapevamo;

b) sono stato dissato due volte. Non so se sia una cosa positiva, forse è un segno di riconoscimento e ora faccio parte di qualche ghenga

c) devo provare a metterle in mano un microfono mentre io faccio la beat-box con le labbra. P-ppt. Pt-ppch!

C’era anche “non mi hai fatto male / faccia di maiale”. Pure lo “scudo riflettente”, quando avevi finito le cartucce.


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