Porto le figlie in ufficio ma un dubbio mi assale

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E se tutto quello che vi racconto fosse diverso da come ve lo aspettate? Attenzione che adesso scatta il momento paranoia.

Ho portato le figlie in ufficio a conoscere i colleghi.

Venivamo dalla dentista, ormai era pomeriggio inoltrato e allora mi son detto toh, quale occasione migliore.

Poi però ho pensato, caspita i miei colleghi conoscono le mie figlie grazie alla rubrica del sabato. E ora le incontrano dal vivo: intendo, l’immaginazione incontra la realtà. E se io avessi sempre dato un’impressione diversa della Cate, figlia maggiore tutta composta, e della Luci tutta scatenata?

Che poi è un po’ il motivo per cui non vorrei incontrare Kate Winslet dal vivo. Metti che mi snobba e ci rimango male.

Insomma, bando alla paranoia e le porto in ufficio. «State attente però. Comportatevi a modo.»

Quando arriviamo, grandi feste da parte di tutti.

Faccio vedere il mio ufficio. «Queste le vostre foto, queste le mie piantine, quella la mia scrivania.»

La Luci si piazza alla mia scrivania, si mette spaparanzata con le braccia sui braccioli, alza la cornetta tipo Wall Street e comincia «Sì, salve, sono Lucia Lauro.» Batte dei tasti a caso. «Sì, sto lavorando.»

«Va bene adesso andiamo..»

«Sì, sono andata dalla dentista….»

Daiii.

Passiamo per un saluto anche dalle colleghe della ragioneria, la collega Stefania, gentilissima, ci porta un sacchetto.

«Volete delle caramelle?»

La Cate dice sì e ne prende una.

«Cosa si dice?»

«Grazie.»

È il turno della Luci che ci infila l’INTERA MANO.

«Ma quante ne stai prendendo?!»

E lei ride. Tira fuori cinquanta Dufour tutte assieme.

«Cos’hai da ridere, Mettile giù, mettile giù.»

Santo cielo, che figure.

Considerazioni:

a) meno male che i colleghi le conoscono già dalla rubrica, quindi mi sento in parte scusato. La prossima volta porto solo la Cate;

b)  se non altro il momento paranoia è passato, le mie figlie sono esattamente come le descrivo;

c) la mano della luci mi ha fatto pensare a quei giochi dove la gru deve tirare su i pupazzi. O a chi ruba a messa, quelli che infilano la mano nel sacchetto dell’offertorio.


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