E poi capita che ti trovi a interagire con gli amici delle tue figlie. Ma soprattutto i nemici, a quanto pare.
Sono andato a prendere le bambine a scuola, e siccome per il resto del pomeriggio non abbiamo niente da fare, nel senso che decidono loro che non abbiamo niente da fare, perché io da fare ne avrei — MA COMUNQUE: decidiamo di rimanere lì fuori così loro giocano con le compagne. Perché è ben noto che si vedono tutte le mattine, ma mai abbastanza.
A ogni modo: sono sugli affari inutili e mi arriva lì un bambino, che ora che ci penso ha il nome di una tartaruga ninja, e visto che voglio mantenere la sua identità segreta lo chiamerò Michelangelo.
E Michelangelo mi arriva sotto col suo monopattino, mi inchioda all’angolo.
«Ma tu sei il papà, lo zio, o il nonno di Lucia?»
E io penso ok, bambino. Sei già partito malissimo.
«Facciamo che sono il papà.» Un papà piccato.
«Io sono Michelangelo. E volevo dirti che la Lucia non mi ascolta.»
«A me lo dici» gli faccio.
Lui non coglie l’ironia e continua. «Io le corro dietro per parlarle assieme, lei si copre le orecchie e comincia a fare la-la-là.»
«Un classico. E com’è che non ti ascolta nemmeno a te che c’hai sette anni?»
«Non lo so, non vuole essere mia amica. A ricreazione mi aveva promesso che mi avrebbe parlato se le portavo un panino con la salamina.»
«Un panino?!»
«Con la salamina. Però poi mi ha detto che non se ne fa più niente. E allora dille qualcosa tu» mi fa Michelangelo, «perché io non so cosa fare.»
E niente, a me ‘sto bambino ora fa ‘na tenerezza che non vi dico.
E Lucia m’ha ripetuto che con lui non ci parla, perché in classe lui fa casino tutto il tempo e lei non si concentra.
Considerazioni. Adesso dovrei:
a) lodare Lucia perché non si lascia distrarre in classe e persegue i suoi obiettivi;
b) darle da mangiare perché il discorso del pane e salamina non si può proprio sentire;
c) convincere Lucia a dare a Michelangelo un’altra chance, che sarà anche un outsider ma in fondo i suoi problemi sono pure i miei. C’ho fatto il transfert, per la miseria.